How to practice?
Short notes by Roberto Prosseda

9. L'attenzione selettiva

Lo studio serve anche ad acquisire il totale controllo dei nostri movimenti in relazione al risultato sonoro desiderato: è, dunque, fondamentale focalizzarsi sull’attenzione che rivolgiamo ai vari aspetti dell’esecuzione. Il nostro cervello, infatti, deve gestire nello stesso istante numerose linee melodiche, diverse curve dinamiche, e i movimenti di varie parti della mano e del braccio, nell’ambito di un progetto musicale che ha una precisa forma in un determinato arco di tempo. Come fare, dunque, a controllare tutti questi parametri senza tralasciarne alcuno, con una totale aderenza alle nostre intenzioni e mantenendo la naturalezza dell’espressione?

Sembra paradossale, ma ciò è possibile solo se impariamo a gestire la nostra attenzione in modo selettivo: ossia, scegliendo a quale linea musicale o a quale aspetto dare priorità, e lasciando che gli altri parametri siano controllati “in background”, senza, quindi, impegnare la nostra attenzione in modo eccessivo. La metafora del millepiedi impazzito che non riesce più a camminare quando pensa al controllo di ciascuna zampa, è particolarmente calzante.

Il funzionamento dell’attenzione selettiva è ben spiegato dall’esperimento del “gorilla invisibile”, oggetto di due popolari video disponibili su Youtube e sul sito www.theinvisiblegorilla.com. Nel primo video sono mostrati alcuni ragazzi che palleggiano con un pallone da basket, e si chiede allo spettatore di contare quante volte una palla viene passata da un giocatore all’altro. Il nostro cervello tenderà, quindi, a focalizzarsi sul conteggio dei passaggi, e in tal modo non avvertirà che durante il video (della durata di circa un minuto) passa un gorilla nero, che sarebbe oltremodo evidente all’occhio di chi guardasse il video senza contare i passaggi del pallone. Nel secondo video si chiede ancora di contare i passaggi del pallone, e lo stesso spettatore che non ha visto il gorilla starà ora attento a scorgerlo, ma, focalizzandosi sul gorilla, non sarà in grado di notare il cambiamento di colore dello sfondo, né l’uscita di scena di uno dei giocatori. 

Per lo stesso principio è utile, nel suonare un brano al pianoforte, abituare la nostra mente, sin dalle prime fasi di studio, a concentrarsi sui diversi singoli aspetti che richiedono la nostra attenzione. Ad esempio, prima sulla linea del basso, poi sulla melodia superiore, poi sui rapporti tra le varie armonie, poi sul dettaglio dell’articolazione di ogni singola voce. Solo quando avremo ben definito e quindi automatizzato l’esecuzione dei vari dettagli, potremo lasciare che molti di questi vengano realizzati “in background”, e sapremo “guardare dall’alto” alla nostra esecuzione, dando priorità alle linee lunghe o, meglio ancora, alla visione della struttura completa del brano. Quando si è giunti ad un dominio completo, più si “alza lo sguardo”, più si guadagna in fluidità di fraseggio, senza perdere la precisione dei dettagli, a patto che questi siano stati ben metabolizzati nelle precedenti fasi di studio. 

È altrettanto utile fare la controprova: se siamo abituati a suonare un brano pensando solo alla melodia, proviamo a suonarlo pensando soprattutto al basso, o alle successioni armoniche: noteremo che la nostra esecuzione cambia, e può essere utile fare vari test di “spostamento dell’attenzione”, per verificare che tutti i parametri siano perfettamente sotto il nostro controllo.

Solo un controllo completo e agevole, infatti, ci consente, durante l’esecuzione dal vivo, di abbandonarci all’estro momentaneo, potendo gestire l’interpretazione con il dovuto agio e la necessaria naturalezza.

 

Roberto Prosseda

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