How to practice?
Short notes by Roberto Prosseda
3. Gestire gli snodi
Proseguiamo l’osservazione dei principi delle leve applicati alla tecnica pianistica. Nel precedente post abbiamo parlato delle leve semplici, e di come l’uso delle nostre leve lunghe (l’intero braccio anziché il solo dito) agevoli sia il controllo, sia la potenza del suono. Naturalmente, le combinazioni di leve che possiamo gestire sono molteplici e non è possibile schematizzarle con precisione.
Ogni articolazione del nostro braccio, dalla spalla alla terza falange di ogni dito, costituisce, infatti, uno snodo, di cui possiamo gestire la flessibilità e il movimento.
Se blocchiamo il movimento di tutti i nostri “snodi”, useremo una leva rigida, trasmettendo il movimento del braccio in modo diretto dalla spalla al tasto.
Viceversa, se lasciamo libere una o più articolazioni (gomito, polso e le tre falangi), applicheremo una serie di varianti alla nostra leva, rendendo la trasmissione del movimento, e, di conseguenza del suono, più indiretta. La accurata e consapevole apertura e chiusura degli snodi, come fossero gli scambi di un sistema ferroviario, ci consente, quindi, di diversificare l’emissione del suono in base alle nostre esigenze espressive e poetiche.
Un suono “diretto”, ossia ottenuto con una leva rigida e lunga, avrà una messa a fuoco maggiore, mentre un suono “indiretto”, ottenuto con una flessione controllata di uno o più snodi, creerà delle maggiori ombreggiature di colore. Con questa tecnica potremo quindi gestire la “messa a fuoco del suono”. Nell’esecuzione di più voci contemporaneamente, ad esempio, potremo decidere di dare risalto alla melodia principale, eseguendola con una leva lunga a tesa (snodi bloccati), e contemporaneamente potremo dare un contorno più sfocato alle parti interne di accompagnamento, sbloccando gli snodi delle tre falangi delle rispettive dita, con l’effetto di una maggiore distanza (o “profondità di campo”) tra il soggetto principale e lo sfondo.
Un altro aspetto collegato alla gestione delle nostre leve è quello dell’angolo di attacco. Usando lo stesso tipo di leva (e gli stessi “snodi”) possiamo compiere un movimento più o meno perpendicolare rispetto al tasto. Ciò anche influisce sul risultato sonoro, rendendo l’attacco del tasto più diretto (se è perpendicolare) o meno diretto (se è più obliquo e radente al tasto). Infatti un attacco perpendicolare trasferisce il movimento al martello in modo diretto, provocando una rapida accelerazione del moto del martello verso la corda. Viceversa, un attacco “spalmato” in orizzontale produrrà una minore accelerazione del martello, con un suono più morbido e profondo, ma meno brillante.
In base alle nostre esigenze espressive, possiamo quindi scegliere l’attacco più adeguato. Ad esempio, una melodia cantabile, anche se in forte, suonerà meglio se eseguita con un attacco radente e con leve lunghe e tese. Viceversa, un accordo secco e incisivo richiederà un attacco più diretto e rapido.
Si potrebbe proseguire oltre nell’analisi delle varie combinazioni di attacchi e leve, ma preferisco fermarmi qui, e invitare tutti i lettori a sperimentare essi stessi alla tastiera le differenze di colore derivate dai loro diversi attacchi del tasto. Solo scoprendo personalmente il funzionamento di queste infinite combinazioni sarà possibile costruirsi la propria tavoletta timbrica. E i colori scoperti direttamente saranno quelli che sapremo usare con maggiore consapevolezza e gratificazione.